I rischi dell'intelligenza artificiale, spiegati da chi l’ha creata | Next Adv

I rischi dell’intelligenza artificiale, spiegati da chi l’ha creata

Lavorare per 10 anni allo sviluppo di una tecnologia rivoluzionaria e mollare tutto proprio al momento di massimo splendore della stessa? È possibile, se ti chiami Geoffry Hinton e conosci le intelligenze artificiali più di chiunque altro.

Di Simone Ciferri

9 Mag - 9 min lettura

Considerato il padrino dell’intelligenza artificiale, Geoffry Hinton ha recentemente abbandonato Google per poter parlare liberamente dei rischi e dei pericoli che questa nuova tecnologia potrebbe portare con sé nel prossimo futuro. 

Lo ha fatto proprio ora che le AI sono sulla cresta dell’onda: in costante tendenza fra le ricerche web e sulla bocca di tutti fuori dal mondo digitale. Si tratta di tecnologie tanto accessibili quanto rivoluzionarie e dirompenti, in grado di generare contenuti testuali di ogni genere, creare immagini sulla base della richiesta degli utenti e persino produrre videoclip. 

Mentre le Big Tech corrono agli armamenti per equipaggiare i propri sistemi con le migliori AI e rimodulare i propri modelli di business, colui il quale ha contribuito maggiormente allo sviluppo di concetti fondamentali per il deep learning lascia invece definitivamente il suo ruolo in Google.

Sarà forse un caso? 

 

Responsabilità vs profitto

 

Geoffry Hinton non è uno qualunque. Il padrino delle AI è fra i maggiori esperti di reti neurali e ha dedicato gran parte della sua vita allo studio dell’intelligenza artificiale, ottenendo diversi riconoscimenti. Nel 2018 ha ricevuto il  Premio Turing (considerato il “Nobel dell’informatica”) per il suo contributo allo sviluppo del deep learning.

“Me ne sono andato per poter parlare dei pericoli dell’IA senza considerare l’impatto su Google”, ha dichiarato in un tweet.

 

 

A preoccuparlo sono soprattutto la velocità con cui le AI si sono sviluppate negli ultimi tempi e le loro applicazioni future. 

Il lancio di Chat GPT ha fatto da apripista a una rivoluzione che vede tutti i grandi player tech correre e rincorrersi sullo sviluppo di nuove intelligenze artificiali. D’altro canto, sarebbe impossibile continuare a conservare la propria fetta di mercato restando indietro a guardare il successo altrui. 

Nella call a commento dei dati sulle trimestrali delle Big Tech, infatti, l’intelligenza artificiale ha giocato il ruolo di protagonista. In quell’occasione, tutti i maggiori provider di servizi digitali che hanno visto crescere il valore delle loro azioni hanno investito (o promesso di investire) nelle AI allo scopo di sviluppare nuove soluzioni per i propri utenti. Durante la call, infatti, le parole “AI” o “artificial intelligence” sono state nominate un numero inedito di volte, superando abbondantemente le 50 menzioni dalla stessa Google. L’ennesimo segno che non vi è alcuna intenzione di rallentare il ritmo nello sviluppo di questa nuova tecnologia.

 

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A tal proposito, una richiesta di stop era arrivata da un folto numero di ricercatori e veterani della Silicon Valley lo scorso marzo. L’allarme lanciato in coro era privo di giri di parole: “le AI sono un pericolo per l’umanità”. A distanza di un paio di mesi, questa lettera aperta ha abbondantemente superato le 27mila firme. 

Eppure non vi è firma, allarme o preoccupazione che tenga, neppure quando a essere preoccupato sui rischi dell’intelligenza artificiale è proprio colui il quale ha dato maggior impulso allo sviluppo della stessa. Oggi i mercati appaiono sordi. E premiano chi promette di rendere le proprie AI ancor più intelligenti. 

 

 

Number of times AI mentioned on earnings call
by u/mpoozd in wallstreetbets


 

I timori di Geoffry Hinton

 

Hinton ha spiegato le ragioni dell’abbandono in un lungo articolo pubblicato dal New York Times. 

“È difficile capire come fare per evitare che i malintenzionati la usino per compiere azioni cattive”, ha dichiarato dopo aver lasciato il colosso di Mountain View. Le sue previsioni collocavano l’arrivo delle intelligenze artificiali molto più in là nel tempo. Il padrino delle AI parla di 30 o addirittura 50 anni nel futuro, come punto d’arrivo a cui ambire. Oggi, invece, la tecnologia sviluppata appare poco più che un punto di partenza. E il rischio che possa sfuggire di mano è concreto. Una macchina programmata per generare e programmare autonomamente i suoi codici informatici, infatti, può arrivare a formulare ragionamenti imprevedibili.

Per tale motivo, Hinton invita alla collaborazione al fine di controllare i rischi dell’intelligenza artificiale prima di ampliarne le applicazioni. 

Uno dei suoi principali timori riguarda la potenziale alterazione della verità a cui il popolo digitale potrà essere sottoposto. Già adesso con le AI è estremamente facile costruire minuziose fake news capaci di apparire credibili anche ad un occhio attento e abituato a navigare sul web. 

Come se non bastasse, a generare preoccupazione è anche l’eventualità che molti lavori possano essere totalmente sostituiti dalle nuove tecnologie intelligenti. È questo il modo in cui l’AI scavalca i server, i monitor dei computer e quelli degli smartphone per influenzare la vita di tutti i giorni.

 

 

AI: minaccia o opportunità?

 

Ripartiamo dalla questione del lavoro. La scorsa settimana è iniziato lo sciopero degli sceneggiatori di Hollywood, il cui lavoro è concretamente minacciato dall’intelligenza artificiale. Secondo diverse fonti, infatti, gli Studios stanno già valutando l’idea di far sviluppare alle AI il primo copione basato su romanzi e altre proprietà intellettuali di pubblico dominio. Se così fosse, si tratterebbe di una rivoluzione enorme nel mondo della cultura e dell’arte, due fra gli elementi fondativi dell’animo umano, che appartengono esclusivamente agli uomini e che, dunque, distinguono quest’ultimi da animali e macchine. Almeno finora.

Che i presentimenti del padrino delle AI siano fondati lo scopriremo presto. O magari – più ottimisticamente parlando – non lo scopriremo mai. Restando con i piedi ben piantati al presente, esistono però alcuni dati di fatto incontrovertibili. 

Innanzitutto, è innegabile che le intelligenze artificiali si stiano evolvendo a un ritmo rapidissimo.  Eppure è così naturale aver paura di qualcosa di nuovo che cresce a una velocità straordinaria. Guardando indietro nel tempo, ogni grande novità in ascesa ha spesso raccolto contemporaneamente il riconoscimento di grande opportunità per l’umanità intera e l’accusa di essere una terribile minaccia per l’etica e il lavoro.

In secondo luogo, le persone desiderano l’intelligenza artificiale. E la desiderano tanto. Per fare un esempio, Chat GPT ha stabilito il record di applicazione a più rapida crescita nella storia, raggiungendo 100 milioni di utenti in soli due mesi. Basti pensare che Instagram ci ha messo circa 2 anni per raggiungere lo stesso risultato.

 

 

Solo nelle ultime settimane abbiamo assistito al proliferare di identità false, canzoni false e fotografie false presentate in concorsi ufficiali. Un vero e proprio caos, fuori e dentro il web, che rischia di sfuggire dal nostro controllo in assenza di un’accurata regolamentazione e di una corretta informazione. Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro, come cambierà il mondo del lavoro, i modelli di business e il web in generale ma, dal momento in cui applichiamo responsabilmente le AI ai nostri progetti quotidiani, possiamo già farci un’idea. 

Di una cosa, però, siamo abbastanza certi: il nostro destino resta ancora nelle nostre mani, perché l’utilizzo che si fa degli strumenti creati dagli esseri umani dipende dagli esseri umani stessi. D’altronde, un candeliere potrebbe essere utilizzato sia per sorreggere una candela che per commettere un efferato omicidio. 

E questo, chi gioca a Cluedo, lo sa bene.