Arriva Bard, la risposta di Google a ChatGPT.
C’era da aspettarselo: Google ha deciso di rispondere a ChatGPT con una dirompente tecnologia di intelligenza artificiale. E lo ha fatto a modo suo. Da oggi in poi il web non sarà più come prima.
“Nel 2021, abbiamo condiviso funzionalità di lingua e conversazione di nuova generazione basate sul nostro modello linguistico per applicazioni di dialogo (LaMDA).” Esordisce così Sundar Pichai, CEO di Google, in un thread su Twitter che ha lo scopo di annunciare un software potenzialmente capace di rivoluzionare l’intero universo digitale.
“Prossimamente: Bard, un nuovo servizio sperimentale di #GoogleAI conversazionale alimentato da LaMDA. Bard cerca di combinare l’ampiezza della conoscenza del mondo con il potere, l’intelligenza e la creatività dei nostri grandi modelli linguistici. Attinge alle informazioni dal Web per fornire risposte fresche e di alta qualità. Oggi apriamo Bard a fidati tester esterni.”
2/ Bard seeks to combine the breadth of the world’s knowledge with the power, intelligence, and creativity of our large language models. It draws on information from the web to provide fresh, high-quality responses. Today we’re opening Bard up to trusted external testers. pic.twitter.com/QPy5BcERd6
— Sundar Pichai (@sundarpichai) February 6, 2023
Una promessa oppure una minaccia? Tutto dipende dall’approccio con il quale la si legge. Una cosa è certa: c’era da aspettarselo. D’altronde, solo due anni fa è stato presentato LaMDA, il modello di linguaggio di grandi dimensioni (LLM, Large Language Model) che ha subito messo in chiaro l’obiettivo di voler comprendere meglio gli elementi di contesto di un dialogo.
Nel novembre del 2022, invece, ChatGPT ha scosso il web come uno tsunami. C’è chi vi è stato già inghiottito, chi sta cercando di tornare a galla con qualche sorta di galleggiante di fortuna e chi aveva già imbracciato la tavola da surf. Ma la prima onda di uno tsunami è sempre e solo la prima onda.
Insomma, tutti potevamo immaginare che la risposta di Google non avrebbe tardato ad arrivare.
La differenza fra Bard e ChatGPT
Pichai assicura che i feedback da parte dei primi tester saranno essenziali per il rilascio di Bard, così come lo saranno i test interni, sempre fondati sugli elevati standard di qualità, sicurezza e affidabilità a cui Mountain View ci ha abituati. A differenza di ChatGPT, Bard non attinge da un database prestabilito, ma si alimenta con le ricerche sul web, incrementando la sua capacità cognitiva e regalandoci sempre nuove risposte aggiornate.
“Stiamo iniziando con funzionalità basate sull’intelligenza artificiale nella Ricerca che distillano informazioni complesse in formati facili da digerire in modo da poter vedere il quadro generale e poi esplorare di più”, continua il CEO. Un’affermazione che di certo non ci ha fatti sobbalzare per audacia, visto il core business di Google, ma che sicuramente può aprire a diverse riflessioni.
Bard: un chatbot responsabile
Un mese dopo il lancio ufficiale di ChatGPT, al CEO di Google fu chiesto perché Mountain View non avesse ancora preparato un software in grado di rispondere alla nuova tecnologia di intelligenza artificiale. In quell’occasione Pichai ricordò al mondo che il suo motore di ricerca è basato sull’affidabilità, l’esperienza e l’autorevolezza dei contenuti.
Concetti, questi ultimi, ancora molto lontani da ChatGPT. Seppur rivoluzionario, infatti, il software di Open AI dimostra ancora alcune grosse lacune che, sostanzialmente, lo rendono una potentissima e straordinaria macchina inaffidabile. Ma oggi, allora, quale significato assumono le parole di Pichai? Il tempismo con cui Google ha deciso di lanciare il suo chatbot potrebbe lasciarci vagamente perplessi.
Ma, dopotutto, perché mai stravolgere un business se esso gira benissimo così com’è, con le stesse funzioni e la stessa medesima interfaccia da più di 20 anni? Ad ogni modo, stando alle passate dichiarazioni del CEO, possiamo intuire che Bard sarà uno strumento di intelligenza artificiale “responsabile”, accuratamente calibrato allo scopo di evitare risposte errate o fuorvianti. D’altronde, l’eventuale introduzione di una tecnologia così potente ma non totalmente affidabile all’interno del principale motore di ricerca al mondo costituirebbe un imperdonabile flop per Mountain View.
Possiamo dunque essere fiduciosi riguardo l’affidabilità del nuovo chatbot? Assolutamente sì. Eppure i dubbi sul futuro del web come lo conosciamo oggi sono tanti.
Una schermata “non ufficiale” della nuova intelligenza artificiale firmata Google.
Come cambierà Google (e il web in generale)
I soldi muovono il mondo. E Google ne guadagna tanti attraverso la pubblicità. Cosa potrebbe succedere se una ricerca su Google rispondesse in modo totalmente esaustivo alla nostra domanda tramite un accuratissimo chatbot, sollevandoci dal dover navigare decine di pagine web, consumare svariati contenuti e visualizzare altrettante pubblicità?
La risposta appare quasi scontata: i ricavi pubblicitari accuserebbero una contrazione. E, non per fare i conti in tasca al signor Pichai, ma per mero dovere di cronaca, stiamo parlando di quasi 150 miliardi di dollari ricavati esclusivamente dagli annunci ads solo nello scorso anno. Non esattamente due spiccioli. Eppure i bilanci si chiamano così per un motivo.
Come fare, dunque, per bilanciare i conti? C’è un nuovo, silenziosissimo trend che potrebbe spiegare tutto ciò: il web sta passando da un modello di business indiretto a uno diretto. Se ad oggi sono gli inserzionisti a mantenere in piedi la fitta rete digitale, domani potrebbe non essere più così. E i reali fruitori del web potrebbero essere chiamati a pagare per consumare i contenuti, in modo tale da ridimensionare l’attuale dipendenza del web intero – e dei motori di ricerca in primis – dalle pubblicità. Inoltre, ricevere una risposta al 100% esaustiva da parte del nuovo chatbot di Google porta con sé un approccio radicalmente diverso alla creazione di contenuti online.
Quale importanza verrà assegnata ai fattori che attualmente determinano il posizionamento delle pagine fra i risultati di ricerca? In che modo i brand riusciranno ad emergere nel mare magnum di contenuti che popolano un Internet sempre più fitto? E come cambieranno le logiche con le quali sfrutteremo la cara, vecchia ricerca web una volta che Bard sarà introdotto a pieno regime?
Ma forse, ad aprire realmente la porta ad innumerevoli domande e congetture sono le parole con cui Sundar Pichai ha concluso il suo annuncio: “Nel tempo, il nostro obiettivo è creare una serie di strumenti e API che semplificheranno per gli altri la creazione di applicazioni più innovative con l’IA.”
Come sempre: ne vedremo delle belle.